WhatsApp e Meta AI: l’Antitrust blocca l’intelligenza artificiale

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso di fermare Meta e la sua intelligenza artificiale integrata in WhatsApp. La decisione riguarda una possibile violazione delle norme sulla concorrenza, con particolare riferimento al modo in cui il chatbot di Meta è stato inserito nell’applicazione di messaggistica più diffusa nel nostro Paese.

L’inchiesta è partita nel luglio 2025 e si concentra sulla modalità con cui l’azienda californiana ha implementato il proprio assistente virtuale all’interno della piattaforma, garantendogli una posizione privilegiata rispetto ad altri servizi analoghi. A novembre l’istruttoria si è allargata, coinvolgendo anche le modifiche contrattuali dei WhatsApp Business Solution Terms, attive dal 15 ottobre e destinate a diventare pienamente efficaci entro il prossimo gennaio.

Secondo l’Autorità, queste nuove disposizioni contrattuali potrebbero escludere dalla piattaforma i chatbot basati su intelligenza artificiale sviluppati da altre società, compromettendo così la libera competizione nel settore. Tale comportamento, secondo gli esperti dell’AGCM, potrebbe rallentare l’innovazione tecnologica e arrecare pregiudizio agli utenti finali, modificando in maniera grave e potenzialmente definitiva gli equilibri di mercato.

Per tale ragione è stata disposta la sospensione con effetto immediato delle clausole ritenute problematiche, in modo da permettere anche ad altri fornitori di servizi di intelligenza artificiale di operare attraverso WhatsApp. L’Autorità ha inoltre comunicato di lavorare a stretto contatto con le istituzioni comunitarie per gestire la questione in maniera coordinata a livello europeo.

La risposta del gruppo guidato da Mark Zuckerberg è stata rapida. L’azienda respinge le accuse definendole “infondate” e preannuncia battaglia legale. Secondo la posizione ufficiale di Meta, l’Autorità italiana partirebbe da un’interpretazione errata, considerando WhatsApp alla stregua di un negozio di applicazioni. Il colosso tecnologico sostiene che i veri punti di accesso al mercato per le società che operano nel campo dell’intelligenza artificiale rimangono i marketplace digitali, i portali web e gli accordi commerciali diretti, non le interfacce di programmazione di WhatsApp Business.

Una controversia che segna un momento importante nel confronto sul ruolo delle grandi aziende tecnologiche, sulla tutela della concorrenza e sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, con la popolare app di messaggistica al centro di una questione che travalica i confini della semplice comunicazione digitale.

Fonte: AGCM