Da sempre lo conosciamo come il mondo scarlatto. Già nell’antico Egitto veniva identificato con il termine “Her Desher”, che significa “il rosso”. Tuttavia, per la maggior parte della sua esistenza, Marte presentava caratteristiche completamente differenti. Possedeva distese d’acqua allo stato liquido, un involucro gassoso più consistente e un ambiente radicalmente diverso da quello odierno.
L’agenzia spaziale americana ha recentemente ricostruito le dinamiche di questa trasformazione epocale. La chiave di lettura non si trova sulla superficie, ma nell’ambiente che avvolge il pianeta.
L’epoca in cui Marte ospitava acqua e condizioni climatiche favorevoli
Le fotografie acquisite dalle sonde in orbita rivelano solchi tracciati da corsi d’acqua, depressioni lacustri e un complesso di gole che si estende per oltre 5.000 chilometri. Queste formazioni richiedono tempi geologici lunghi e sono incompatibili con l’assenza di flussi idrici persistenti, sotto una coltre atmosferica più densa dell’attuale.
I veicoli robotici confermano questa ricostruzione. Nel bacino di Gale, il rover Curiosity ha esaminato formazioni rocciose generate sul fondale di un bacino lacustre preistorico: acqua con acidità neutra, bassa salinità e componenti chimici fondamentali che, sul nostro pianeta, favoriscono forme di vita microscopiche. Nel cratere Jezero, Perseverance sta analizzando un antico deposito deltizio, una zona dove i materiali sedimentari si stratificano e possono custodire indizi biologici per ere geologiche. Proprio per questa ragione l’agenzia americana ha selezionato quella località per le sue indagini.
Integrando questi elementi, emerge un quadro inequivocabile: Marte ha ospitato bacini idrici stabili e duraturi, probabilmente visibili dall’orbita come estensioni azzurre, molto più affini al nostro mondo di quanto si possa pensare. Nelle sue fasi iniziali, Marte disponeva di un campo magnetico planetario, analogo a quello terrestre, che fungeva da barriera contro le particelle solari. Poi è avvenuto un mutamento. Circa quattro miliardi di anni or sono, questa protezione è venuta meno.
Da quel momento, l’involucro gassoso marziano è rimasto vulnerabile all’impatto diretto delle particelle energetiche provenienti dalla nostra stella. Ed è in questo contesto che interviene la missione MAVEN dell’agenzia americana, che da anni monitora proprio i fenomeni negli strati superiori dell’atmosfera marziana. Le rilevazioni dimostrano che il flusso di particelle solari colpisce l’atmosfera e, letteralmente, espelle gli atomi, spingendoli verso lo spazio esterno. Questo meccanismo, denominato sputtering, è stato documentato direttamente, non solo ipotizzato.
C’è un ulteriore aspetto cruciale. L’acqua che raggiunge gli strati elevati dell’atmosfera marziana si dissocia in ossigeno e idrogeno. L’idrogeno, particolarmente leggero, si disperde facilmente nello spazio, specialmente durante le tempeste di sabbia e in determinati momenti dell’orbita. Secondo i ricercatori, attualmente proprio questa dispersione di idrogeno rappresenta il meccanismo principale attraverso cui Marte continua a perdere le sue residue riserve idriche. Un fenomeno graduale, ma incessante, che ha influenzato profondamente l’evoluzione climatica del pianeta.
Dal potenziale abitabile all’ambiente ostile
Integrando le rilevazioni contemporanee con le simulazioni del Sole primordiale, molto più energetico di oggi, l’agenzia americana conclude che Marte ha disperso una porzione considerevole della sua atmosfera primigenia.
Con la riduzione dell’atmosfera, la pressione è precipitata. E senza una pressione adeguata, l’acqua liquida non può mantenersi in superficie. Il risultato è il Marte contemporaneo: un mondo gelido, con un involucro gassoso estremamente rarefatto composto quasi esclusivamente da biossido di carbonio, escursioni termiche estreme e radiazioni che raggiungono il suolo senza filtri.
Oggi le temperature oscillano da circa 20 gradi nelle ore più calde a valori inferiori ai meno 120 gradi nelle regioni polari. Anche nelle zone equatoriali, basta una modesta variazione di altitudine perché il freddo si intensifichi drasticamente.
Marte non è semplicemente un pianeta “inerte”. Rappresenta un monito. Dimostra quanto drasticamente un sistema climatico possa mutare se vengono meno protezione magnetica, atmosfera e dinamismo interno. Comprendere le ragioni della trasformazione marziana aiuta anche a valutare se i mondi lontani, quelli che oggi definiamo “potenzialmente abitabili”, possano effettivamente mantenere tali caratteristiche nel lungo periodo.
E sottolinea un concetto fondamentale: anche un pianeta apparentemente stabile può non esserlo nel tempo.
Fonte: Science
