Tracce di 14.400 anni fa rivelano il primo legame tra umani e cani

impronte uomo cane

Talvolta, per comprendere la profondità del rapporto che ci lega ai cani, è sufficiente osservare cosa il terreno ha preservato attraverso i millenni. È esattamente quanto accaduto presso la Grotta della Bàsura a Toirano, dove una sequenza di tracce fossili ha svelato la più remota evidenza documentata di coabitazione tra esseri umani e canidi. Non si tratta di una mera compresenza fortuita, bensì di un cammino intrapreso insieme, una sorta di escursione familiare risalente all’epoca paleolitica.

Una scena di vita quotidiana cristallizzata nel tempo

Le orme narrano di individui adulti e giovani che procedono attraverso passaggi angusti, ristagni d’acqua e strettoie sotterranee. Al loro fianco, costantemente presente, si muove un canide dal peso di circa quaranta chilogrammi e un’altezza prossima ai settanta centimetri. Le sue zampe si alternano alle impronte umane, le attraversano, le accompagnano. Si tratta di un’istantanea straordinariamente dettagliata, fissata nell’argilla, che consente ai ricercatori dell’Università Sapienza di Roma – coordinati dal paleontologo Marco Romano – di ricostruire un episodio di esistenza condivisa con una precisione straordinaria.

All’interno della cavità si percepisce quasi la presenza fisica di quel piccolo nucleo. Tre giovani, di età compresa tra i tre e gli undici anni, insieme a due adulti che avanzano scalzi, verosimilmente durante la stagione primaverile. In un passaggio alto appena ottanta centimetri, uno di loro procede gattonando: le tracce di ginocchia e avampiedi sono così definite da rivelare persino il profilo della rotula. Ovunque, il canide continua ad accompagnarli, attento, coinvolto, mai distante.

La prima testimonianza di compagnia canina nella preistoria

Prima di queste ricerche, la più remota prova di presenza canina in ambito antropico era rappresentata da una sepoltura in Germania risalente a 14.200 anni or sono. Tuttavia, la scoperta della Bàsura modifica radicalmente la prospettiva: qui non si osserva semplicemente un animale deposto accanto a resti umani, ma la dinamica dell’esistenza. Un’esperienza vissuta insieme. Un procedere fianco a fianco.

La ricerca, condotta mediante fotogrammetria, scansione laser e comparazione con quasi mille impronte contemporanee di lupi e cani, attesta che quel canide non era un esemplare selvatico presente casualmente, ma un autentico compagno di avventura. Non una figura marginale, ma un partecipante attivo. Il gruppo accede alla caverna e ne esce da aperture differenti, supera ostacoli verticali, utilizza fiaccole realizzate con rametti di pino. E lui rimane con loro, sempre.

Il panorama che oggi si delinea non riguarda esclusivamente l’archeologia. Racconta di una connessione che affonda le proprie radici in un passato remoto, assai più articolata di quanto avessimo ipotizzato. Racconta dei bambini, delle loro estremità ricoperte di fango, delle prime esperienze nell’oscurità montana, e del canide che li accompagna senza abbandonarli. Racconta di un nucleo familiare preistorico che affronta un habitat ostile facendo affidamento sulla cooperazione reciproca, anche tra specie differenti.

E forse questo rappresenta l’aspetto più significativo della scoperta: rammentarci che la nostra relazione con i cani non nasce da addestramenti o utilità pratiche, ma da un gesto elementare e straordinariamente potente: percorrere insieme lo stesso cammino.

Fonte: Quaternary Science Reviews