Sculture umane di 12 millenni fa: ritrovamenti turchi rivoluzionano la visione dell’epoca neolitica

Turchia neolitica

L’area archeologica di Taş Tepeler non smette di offrire testimonianze straordinarie che ribaltano le nostre convinzioni sulle antiche società umane. A Sefertepe, situato nella Turchia sud-orientale, stanno emergendo da tempo rappresentazioni scultoree, figure umane e manufatti cerimoniali che demoliscono l’immagine convenzionale di un periodo neolitico primitivo e omogeneo. Quello che si delinea è invece un universo culturale complesso, caratterizzato da simbolismi condivisi ma espressioni artistiche differenziate, da cerimonie che intrecciavano esistenza terrena e dimensione ultraterrena, e da una capacità rappresentativa che preannuncia la nostra necessità di autorappresentazione.

Rappresentazioni facciali incise, raffigurazioni contrapposte e un monile bifacciale

L’elemento più significativo del ritrovamento consiste in due raffigurazioni facciali umane realizzate su lastre litiche lavorate con straordinaria maestria. La prima rappresentazione, eseguita mediante tecnica ad alto rilievo, presenta cavità oculari profonde, prominenze sopraccigliari evidenti, zigomi ben delineati e un’attenzione ai particolari che testimonia una precisa intenzionalità artistica. La seconda figura, invece, realizzata a basso rilievo, appare più stilizzata, quasi eterea, caratterizzata da palpebre abbassate e tratti semplificati. L’utilizzo di metodologie scultoree così differenti ha portato i ricercatori a ipotizzare un possibile significato simbolico: probabilmente la rappresentazione di due condizioni esistenziali, due identità distinte, oppure due modalità di concepire il passaggio tra vita terrena e aldilà.

Queste rappresentazioni facciali si distinguono nettamente da quelle rinvenute a Göbeklitepe, Karahantepe o Sayburç. Le proporzioni anatomiche, le modalità di incisione, persino il concetto stesso di raffigurazione individuale sembrano seguire una tradizione indipendente. Per questa ragione gli esperti identificano già uno “stile caratteristico di Sefertepe”, un’espressione artistica peculiare che tuttavia si inseriva nel più ampio panorama culturale della regione di Taş Tepeler.

Insieme alle raffigurazioni in rilievo è stata scoperta una piccolissima perla ricavata da serpentinite nera, levigata fino a raggiungere una lucentezza speculare. Su entrambe le superfici sono incisi due volti che guardano in sensi opposti. Si tratta di un manufatto talmente ridotto nelle dimensioni da sembrare trascurabile, eppure rivela un ulteriore aspetto fondamentale di quell’epoca: gli oggetti ornamentali personali possedevano una valenza simbolica non inferiore alle monumentali strutture in pietra. Rappresentavano un mezzo per preservare un’identità, un vincolo affettivo, forse una memoria ancestrale.

A rendere il quadro ancora più enigmatico contribuisce una piccola rappresentazione scultorea con le labbra sigillate, chiuse in quello che appare un gesto conclusivo. In numerose tradizioni antiche questa iconografia evoca l’istante in cui il soffio vitale si interrompe e ha inizio una nuova dimensione. Gli studiosi la stanno correlando ai cerimoniali funebri già documentati nell’area, un insieme elaborato che comprendeva asportazione dei crani, sepolture in fasi successive e manipolazioni post mortem che testimoniano un rapporto con la morte estremamente articolato.

Parallelamente, nuove indagini hanno individuato a Sefertepe anche una “camera cranica”, un ambiente nel quale erano stati collocati ventidue crani umani, quasi tutti privi della mandibola, disposti secondo quello che sembra un cerimoniale preciso. In altre aree del sito, al contrario, gli archeologi hanno rinvenuto scheletri integri. Due approcci differenti per due finalità distinte: commemorazione collettiva, venerazione degli antenati, oppure distinzioni legate a ruoli sociali specifici.

L’insieme di questi elementi compone un panorama nel quale il cerimoniale non costituiva un evento sporadico, ma rappresentava un codice comunicativo che permeava l’esistenza quotidiana, e dove il volto – sia scolpito che inciso – diventava strumento per affermare un’appartenenza comunitaria.

Taş Tepeler come primo sistema culturale integrato

L’attuale campagna di scavi sta confermando quanto già ipotizzato: il territorio di Taş Tepeler, che include località celebri come Göbeklitepe e Karahantepe, oltre a realtà meno conosciute come Sefertepe, non rappresentava un insieme casuale di insediamenti isolati. Costituiva piuttosto un network culturale interconnesso, un contesto nel quale circolavano conoscenze, competenze tecniche e narrazioni.

I più recenti ritrovamenti a Karahantepe confermano questa interpretazione. Alcuni mesi or sono è stata portata alla luce una stele antropomorfa recante un volto realistico inciso, la prima testimonianza di questo tipo. Fino a quel momento le stele a forma di T erano state considerate rappresentazioni simboliche astratte, quasi sagome stilizzate. Con l’apparizione di lineamenti facciali definiti cambia radicalmente la prospettiva interpretativa: quelle strutture potrebbero raffigurare antenati venerati, figure di autorità, memorie materializzate.

Si tratta di un’evoluzione fondamentale nella storia dell’espressione artistica preistorica. Se l’umanità inizia ad attribuire sembianze umane alle proprie strutture monumentali, significa che sta elaborando una narrazione identitaria, una sorta di archivio visivo impossibile delle proprie origini. Tutto questo accade dodicimila anni or sono, molto tempo prima dello sviluppo di un’agricoltura stabile e della sedentarizzazione definitiva. In altre parole, l’elaborazione culturale precedeva la strutturazione economica. E questa sequenza ribalta la cronologia evolutiva che spesso consideriamo scontata.

Ciò che emerge attualmente da Sefertepe è una narrazione più prossima alla nostra esperienza di quanto immaginassimo. Comunità che conservano memoria, che trasformano la materia litica in sembianza umana e una sembianza in simbolo identitario. Individui che si interrogano sulla morte, catalogano resti cranici, separano componenti corporee, incidono minuscoli monili affinché nulla vada disperso. È un’umanità che non viveva affatto nell’assenza di espressione, ma cercava attivamente di lasciare testimonianze durature.

E probabilmente è proprio questo aspetto a renderla così coinvolgente: la percezione che quelle rappresentazioni facciali scolpite non siano presenti semplicemente per essere osservate, ma per ricordarci che qualcuno, molto tempo prima di noi, aveva già cominciato a interrogarsi sulla propria natura.

Fonte: T.C. Kültür ve Turizm Bakanlığı