Durante gli scavi archeologici condotti ad Al-Bahansa, in territorio egiziano, i ricercatori hanno fatto una scoperta straordinaria: tredici lingue realizzate in oro puro e diversi chiodi aurici collocati all’interno di tombe del periodo greco-romano. Questo sito, rimasto sepolto per millenni sotto la sabbia del deserto, ha restituito resti mummificati, contenitori funebri e oggetti di grande valore, offrendo nuove prospettive sulle usanze mortuarie di quell’epoca lontana.
Il significato dell’oro nei rituali funebri egizi
Nella civiltà egizia antica, l’oro rappresentava molto più di un semplice metallo di valore: incarnava l’essenza immortale delle divinità, una sostanza incorruttibile che rifletteva la loro natura celeste. Considerato imperituro e inattaccabile dal tempo, questo materiale diventava un potente talismano destinato a salvaguardare i morti e a conservarne lo spirito nel regno dell’aldilà.
Come evidenzia Jennifer Houser Wegner, responsabile delle collezioni presso il Penn Museum di Filadelfia, questo elemento era simbolo di “splendore perpetuo”, una qualità indispensabile per garantire la sopravvivenza spirituale oltre la soglia della morte. Le lingue auree ritrovate ad Al-Bahansa derivano esattamente da questa visione: servivano a consentire al defunto di comunicare con le divinità, specialmente con Osiride, il signore dell’oltretomba che presiedeva al viaggio verso l’immortalità.
Lo stupore degli esperti è stato palpabile. L’archeologa Kathleen Martinez, di origine dominicana, ha enfatizzato quanto questi manufatti siano eccezionali e come possano arricchire le nostre conoscenze su un’epoca, quella greco-romana in terra d’Egitto, che presenta ancora numerose zone d’ombra. Le sepolture emerse sembrano contenere informazioni preziose capaci di modificare la comprensione delle cerimonie funebri di quel tempo.
Chiodi realizzati in metallo prezioso

Mentre le lingue auree sono elementi relativamente documentati nelle pratiche sepolcrali egizie, i chiodi d’oro costituiscono un ritrovamento decisamente più anomalo. Secondo le dichiarazioni del Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, questi minuscoli elementi metallici rivestivano le dita di mani e piedi dei corpi mummificati, agendo come una barriera mistica contro le entità maligne dell’universo ultraterreno.
Il quotidiano newyorkese ha confermato questa lettura, chiarendo come l’applicazione dell’oro sulle estremità corporee avesse lo scopo di mantenerne l’integrità fisica e di respingere ogni minaccia proveniente dal mondo invisibile. La presenza simultanea di lingue e chiodi dorati nello stesso contesto funerario rappresenta un fenomeno particolarmente insolito e dimostra una cura quasi maniacale nella tutela del defunto.
L’utilizzo massiccio dell’oro come sigillo rituale e scudo spirituale rivela molto delle ansie, delle aspirazioni e dei cerimoniali degli abitanti dell’antico Egitto. All’interno di queste camere sepolcrali, la lucentezza del metallo non aveva finalità decorative, ma svolgeva una funzione essenziale: assicurare un transito protetto verso la vita eterna.
https://www.facebook.com/tourismandantiq/posts/976889097805970?ref=embed_post
Fonte: Ministry of Tourism and Antiquities
