Per quasi un secolo, gli archeologi hanno osservato il Monte Sierpe in Perù ponendosi sempre lo stesso interrogativo: quale motivo ha spinto a creare migliaia di cavità, disposte con precisione quasi matematica, su un’intera altura nella valle di Pisco? Si contano circa 5.200 fosse, sparse lungo un tratto di 1,5 chilometri. Osservate da distanza, appaiono come una ferita che solca il territorio. Esaminate da vicino, rappresentano un’opera senza precedenti.
Adesso una ricerca recente pubblicata su Antiquity offre una soluzione molto più tangibile — e, in qualche modo, più intrigante delle ipotesi avanzate in passato. Secondo un team di studiosi australiani, americani e peruviani, il Monte Sierpe rappresentava un centro di commercio, un punto di convergenza tra diverse comunità, utilizzato inizialmente come area per il baratto e successivamente come sede amministrativa dagli Inca, che lo avrebbero convertito in un meccanismo per documentare tasse e quantità di merci.
Le recenti scoperte sul terreno
Gli esperti hanno esaminato l’altura mediante droni di alta qualità, efficaci anche quando la nebbia avvolge la zona. Le riprese hanno evidenziato che le cavità non seguono una disposizione casuale: sono strutturate in aree con pattern numerici ricorrenti, come linee di otto fosse o successioni che variano tra sette e otto aperture.
Questa sistematicità ricorda molto la struttura dei khipu, le corde con nodi adoperate dagli Inca per archiviare informazioni amministrative. È come se, centinaia di anni or sono, qualcuno avesse convertito l’intero pendio della collina in un vasto registro materiale, suddiviso in settori.
Le indagini di laboratorio hanno fornito un elemento cruciale. All’interno delle fosse sono stati identificati residui di mais, zucche, amaranto, vegetali da fibra e persino pollini trasportati in contenitori e fasci di piante. Non si tratta di varietà che prosperano naturalmente sulla collina: sono state trasportate sul posto.
Una datazione al radiocarbonio situa parte dell’utilizzo del luogo tra il 1320 e il 1405 d.C., dunque durante il periodo Chincha, precedente all’espansione incaica.
Un crocevia tra oceano e montagne
Il Monte Sierpe è situato in un’area denominata chaupiyunga, un corridoio naturale tra il litorale del Pacifico e le Ande. In epoca precolombiana costituiva un punto nevralgico:
- vi passavano pescatori, coltivatori, artigiani,
- transitavano le carovane di lama,
- giungevano i commercianti Chincha che trafficavano lungo la costa con imbarcazioni di balsa.
Il Regno dei Chincha, che dominava il territorio tra il 1000 e il 1400 d.C., era una società altamente strutturata: circa 100.000 abitanti, agricoltura evoluta (anche grazie al guano impiegato come concime), artigiani qualificati e una solida rete mercantile.
In tale scenario, non stupisce che il Monte Sierpe fungesse da mercato per il baratto. Le cavità avrebbero operato come spazi organizzati per depositare mercanzie e coordinare gli scambi tra collettività differenti.
Quando gli Inca sottomisero la regione, nel XV secolo, il sito avrebbe modificato la propria funzione: da mercato a luogo per documentare imposte e ridistribuire prodotti, seguendo sempre un ordine numerico compatibile con il loro apparato amministrativo.
Per anni, il Monte Sierpe è stato collegato a ipotesi fantasiose. Lo studio riesce invece a fornire un’interpretazione più robusta e rispettosa del lavoro delle popolazioni locali. Le cavità diventano la testimonianza concreta di come queste comunità organizzavano il territorio, i commerci e la gestione delle risorse, senza ricorrere a strumenti scritti ma con sistemi condivisi e comprensibili a tutti.
La ricerca continuerà con nuovi scavi, ulteriori analisi dei sedimenti e confronti con i khipu conservati nei musei. L’obiettivo è ricostruire con sempre maggiore precisione come questo luogo, apparentemente semplice, abbia svolto un ruolo fondamentale nella vita quotidiana delle persone che lo hanno utilizzato.
Fonte: Antiquity
