Risolto enigma geometrico nato da sfida tra principe e matematico

Principe Rupert del Reno

Esistono persone che puntano denaro sugli eventi sportivi e altre che, nel diciassettesimo secolo, scommettevano su questioni di geometria solida. La storia inizia con Rupert del Reno, membro della famiglia reale britannica e nipote del sovrano Carlo I, e John Wallis, illustre studioso di matematica dell’epoca. La questione era sorprendente: è possibile far passare un cubo attraverso un altro cubo identico senza che i bordi si tocchino?

La maggioranza risponderebbe negativamente senza esitazione. Eppure il nobile vinse la sfida. Sfruttando la sua esperienza nella lavorazione del vetro e dei metalli, Rupert provò che praticando un’apertura diagonale e orientando opportunamente il solido, un cubo gemello poteva effettivamente attraversarlo. Questa intuizione brillante divenne un principio matematico: la caratteristica di Rupert, ovvero la possibilità per certi solidi di permettere il passaggio di una replica identica.

Da quel momento, gli studiosi proseguirono le ricerche. Dall’ottagono al tetraedro, passando per poliedri sempre più articolati (compresi quelli utilizzati nei giochi di ruolo come Dungeons & Dragons), ogni configurazione esaminata sembrava rispettare questa regola: con l’angolazione appropriata, il transito risultava fattibile.

Il “Noperthedron”: il solido che sfida tre secoli di convinzioni

Improvvisamente, però, la matematica ha ribaltato tutto. Due studiosi austriaci, Jakob Steininger e Sergey Yurkevich, hanno identificato una configurazione che viola la caratteristica di Rupert. L’hanno chiamata “Noperthedron”, combinando ironicamente “Rupert” con “Nope”.

Questo poliedro con 180 superfici rappresenta il primo esempio conosciuto incapace di attraversare una copia di sé stesso, indipendentemente dall’orientamento o dalla posizione del foro. Una scoperta che ha attirato l’attenzione persino di Tom Murphy, tecnico presso Google e appassionato dell’argomento, che ha descritto il ritrovamento come “un’eccezione straordinaria nell’universo delle geometrie possibili”.

I ricercatori hanno eseguito innumerevoli simulazioni digitali, esaminando ogni possibile angolazione, prospettiva e configurazione di passaggio. Dopo 18 milioni di prove, il verdetto è stato inequivocabile: impossibile. Il Noperthedron non può attraversare una sua replica. Definitivamente.

Due compagni, un programma e un enigma secolare

Steininger e Yurkevich non sono ricercatori isolati nei loro uffici, ma amici di lunga data, entrambi affascinati dalla matematica e dalle sfide apparentemente irrisolvibili. L’avventura è cominciata nel 2021, quando hanno visionato un filmato che mostrava un cubo passare attraverso un altro. Da lì è nata la domanda:

Esiste una configurazione che non permetta questo fenomeno?

La loro strategia è elegante nella sua semplicità: analizzare le proiezioni. Se illumini una figura e l’ombra proiettata dall’altra non riesce mai a sovrapporsi perfettamente, significa che nessuna angolazione permetterà il transito. Partendo da questo concetto hanno elaborato due teoremi, uno “complessivo” e uno “puntuale”, per esaminare ogni elemento del solido e delle sue proiezioni.

Il prodotto finale è una struttura che ricorda vagamente un recipiente geometrico, composta da 150 triangoli e due poligoni con 15 lati ciascuno, che esclude qualsiasi possibilità di attraversamento. Un piccolo trionfo di ragionamento e determinazione, nato quasi casualmente, trasformatosi in una scoperta memorabile.

Dopo secoli di teoremi e calcoli computerizzati, la matematica ci ricorda ancora che non tutto è determinabile in anticipo, nemmeno con le macchine più avanzate. Il Noperthedron dimostra che anche nell’era contemporanea rimane spazio per l’intuizione creativa, per la sperimentazione e per l’incertezza. Ed è precisamente lì, tra un’equazione e un raggio di luce orientato strategicamente, che la scienza rivela il suo lato più autentico.

Come hanno affermato i due studiosi:

Siamo semplicemente due matematici che adorano affrontare enigmi complessi. E continueremo su questa strada, perché è nella nostra natura.

Fonte: arXiv