Conversare con chi non c’è più: l’app che ricrea i defunti con l’AI

2wai

In un filmato che sta facendo il giro del web, una ragazza dialoga al telefono con la propria genitrice. Le racconta della gravidanza in corso, le domanda suggerimenti, ride con lei. Nelle scene successive, la vediamo con il bebè tra le braccia mentre chiede alla “nonna” di narrare le favole che lei stessa ascoltava nell’infanzia. Soltanto nei fotogrammi finali emerge la realtà: quella voce proviene da un clone digitale, generato attraverso una collezione di filmati registrati quando la donna era ancora in vita. L’applicazione che rende possibile questa esperienza si chiama 2Wai.

Il contenuto video, condiviso dall’attore ed ex stella Disney Calum Worthy, che ha fondato la startup insieme al produttore di Hollywood Russell Geyser, ha ottenuto una diffusione virale immediata. Worthy descrive l’applicazione come un progetto visionario:

Stiamo realizzando un archivio dinamico dell’umanità, una narrazione dopo l’altra.

Un concetto che attrae e turba contemporaneamente, poiché evoca l’episodio Be Right Back della serie Black Mirror, dove una protagonista cerca di ricostruire digitalmente il compagno scomparso. In quella storia l’epilogo era drammatico. Qui, al momento, è diventato concreto.

L’applicazione 2Wai è già accessibile in versione beta per iOS, mentre quella Android è in fase di sviluppo. Non occorre una quantità eccessiva di materiale per generare un clone: sono sufficienti alcuni minuti di registrazioni video e audio. Da questi, l’intelligenza artificiale produce un “HoloAvatar” capace di dialogare, fornire risposte, conservare informazioni e migliorare attraverso le interazioni. La piattaforma gestisce più di 40 idiomi, e non si concentra esclusivamente sulle persone scomparse: consente di creare repliche di celebrità, coach motivazionali, personaggi storici o persino versioni digitali di noi stessi.

Il dibattito morale: supporto emotivo o mercificazione del lutto?

Sul piano tecnologico, niente di straordinario: maggiori sono i dati forniti al sistema, più l’avatar risulta autentico. Ma l’interrogativo che numerosi utenti si pongono non è “è fattibile?”, quanto piuttosto “è giusto farlo?”.

Nelle discussioni online relative all’applicazione, c’è chi scorge un’occasione per preservare memorie familiari e rendere meno dolorosa la lontananza, e chi invece paventa lo sfruttamento commerciale di una sofferenza così personale. Alcuni affermano esplicitamente che l’app intende proporre cloni “premium” a pagamento per monetizzare il cordoglio. Una preoccupazione condivisa da vari psicologi e comunicatori, che temono un possibile effetto sul naturale percorso di elaborazione emotiva.

Esiste inoltre la questione della tutela dei dati:

  • la persona deceduta ha effettivamente autorizzato questo utilizzo?
  • a chi appartengono i dati del clone, la voce, l’aspetto, la personalità?
  • quali conseguenze se l’account viene compromesso o trasferito ad altri?

Secondo Axios, uno degli scopi dichiarati della società è consentire agli utenti di “controllare la propria identità digitale”, prima che altri lo facciano tramite deepfake o riproduzioni non autorizzate. Una prospettiva che nasce più dalla preoccupazione che dall’ottimismo.

Contemporaneamente, Decrypt parla di “disagio generalizzato”, mentre su Reddit molti utenti definiscono il progetto “distopico”, “inquietante” o «la monetizzazione della sofferenza delle persone più fragili». Tra queste reazioni, rimane un fatto: l’ipotesi di far tornare chi è scomparso tocca corde profonde, e lo fa in un periodo storico in cui la tecnologia offre soluzioni immediate anche alle emozioni più articolate.

La sensazione complessiva è che 2Wai spalanchi una porta inedita, non necessariamente da varcare senza riflessione. Perché convertire un ricordo in un interlocutore reattivo può consolare, ma può anche generare dipendenza affettiva, prolungando il processo di elaborazione invece di facilitarlo.

Fonte: 2Wai