A 105 anni luce dalla Terra, nella costellazione della Chioma di Berenice, esiste un luogo dove l’universo danza seguendo regole matematiche impeccabili. La stella protagonista si chiama HD 110067, e intorno a lei sei corpi celesti delle dimensioni paragonabili a Nettuno si muovono secondo una sincronia che gli scienziati definiscono straordinaria.
Gli esperti parlano di risonanza orbitale: un fenomeno in cui ciascun pianeta completa i propri giri attorno alla stella in tempi che si incastrano perfettamente con quelli dei vicini. Mentre il mondo più vicino alla stella compie sei rotazioni complete, quello più lontano ne realizza una sola, senza mai perdere il sincronismo.
Questa configurazione rappresenta un’eccezione nell’universo conosciuto. Mantenere un simile ordine per miliardi di anni significa che il sistema non ha mai attraversato eventi catastrofici, diversamente da quanto accade nella stragrande maggioranza dei sistemi planetari osservati.
In sostanza, HD 110067 rappresenta una testimonianza preziosa dei processi di formazione planetaria: un esempio cosmico che documenta la quiete dopo il caos primordiale che caratterizza la nascita dei mondi.
Un tesoro astronomico per comprendere la genesi dei giganti gassosi
Al centro di questa scoperta troviamo una stella di classe K, più compatta e meno calda rispetto al Sole, ma dotata di una stabilità eccezionale. Proprio questa caratteristica ha consentito agli scienziati di rilevare con accuratezza le minime oscillazioni nella luminosità stellare generate dal passaggio dei pianeti davanti al disco luminoso (fenomeno chiamato transito).
Il primo a individuare questa danza celeste è stato il telescopio TESS della NASA, che ha registrato cali di luminosità ricorrenti e metodici. Questa osservazione ha fatto nascere l’ipotesi: poteva trattarsi di una sequenza di risonanze gravitazionali.
Per verificare questa teoria, l’Agenzia Spaziale Europea ha impiegato CHEOPS, un altro strumento orbitale, orientandolo verso HD 110067 nei momenti precisi calcolati dai modelli teorici. Il risultato ha confermato le previsioni: i pianeti transitavano esattamente quando previsto.
Gli astronomi hanno così identificato sei corpi celesti, denominati dalla lettera b alla g, che seguono proporzioni di 3:2 tra i primi tre e 4:3 tra gli altri due. In altre parole: una coreografia gravitazionale impeccabile, dove ogni elemento mantiene il proprio posto con precisione assoluta.
Le loro dimensioni oscillano tra due e tre volte quelle terrestri, con periodi orbitali compresi tra 9 e 55 giorni. Le temperature superficiali? Variano da centinaia di gradi fino a valori comunque incompatibili con forme di vita terrestri.
Pur non essendo candidati per l’abitabilità, questi mondi sono ideali per le indagini scientifiche. La loro natura, caratterizzata da abbondanza di idrogeno e componenti gassose leggere, li classifica come mini-Nettuni, con atmosfere estese e analizzabili dagli strumenti terrestri.
Grazie a questa conformazione particolare, HD 110067 è diventato un obiettivo prioritario per la spettroscopia atmosferica: la metodologia che consente di identificare la composizione chimica delle atmosfere planetarie studiando la luce che le attraversa durante i transiti.
I corpi celesti di HD 110067 funzionano come registrazioni del passato cosmico. La loro configurazione così metodica testimonia una storia priva di grandi sconvolgimenti: nessun impatto devastante, nessuno spostamento caotico, nessuna interferenza gravitazionale violenta.
Un indizio evidente che il sistema si è sviluppato gradualmente e con ordine, e che successivamente l’universo ha lasciato questa configurazione intatta.
Per chi studia il cosmo, equivale a scoprire un reperto celeste in condizioni impeccabili. In un’era in cui la maggioranza dei sistemi planetari presenta tracce di conflitti gravitazionali passati, HD 110067 rimane un esempio eccezionale di stabilità, quasi artistico nella sua regolarità numerica.
Ma c’è di più: considerando che i sei pianeti seguono traiettorie quasi complanari, potrebbero esistere ulteriori mondi nelle regioni esterne, ancora non rilevati ma perfettamente integrati nel sistema. Sarà necessario attendere che anche questi, eventualmente, si manifestino transitando davanti alla loro stella madre.
Fonte: Nature
