La sonda Rosetta, al lavoro sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, sta prelevando e analizzando campioni di suolo anche grazie alla tecnologia di eni. Scopri come.
Al lavoro sulla cometa 67P/Churyumov Gerasimenko per scoprire i misteri sull'origine dell'universo e della vita sulla Terra. La sonda Rosetta sta lavorando ormai da quasi un anno sia sulla superficie che dall'orbita della cometa grazie anche all'innovazione tecnologica targata eni.
H1: Missione Rosetta, eni nel cuore del progetto
In particolare, eni - attraverso la controllata Tecnomare - ha collaborato allo sviluppo del sistema Sampling Drilling and Distribution (SD2) del quale è Principal Investigator la prof. Amalia Ercoli-Finzi del Politecnico di Milano. Eni ha dunque progettato il dispositivo di acquisizione dei campioni dal suolo della cometa (“driller/sampler” e “volume checker”), curandone anche l’ingegnerizzazione, la costruzione, i test e la preparazione per l’integrazione con il lander Philae, che è stato fatto atterrare sulla cometa per analizzarne da vicino le caratteristiche.
Chi è SD2? Il driller/sampler è un dispositivo miniaturizzato che perfora il terreno fino a raggiungere una profondità di 230 mm, prelevando un campione. Le capacità di perforazione tengono conto dell’ampia imprevedibilità delle reali condizioni di resistenza della superficie di Rosetta, che può arrivare alla consistenza del ghiaccio omogeneo, limitando comunque la forza di perforazione per evitare sollecitazioni al sistema di ancoraggio.
Cosa fa SD2?
Un compito molto importante il suo, visto che raccoglie i campioni del suolo della cometa e li trasferisce all’interno della sonda Rosetta, passandoli ai diversi dispositivi che si occupano di effettuare le analisi direttamente sul posto.
Costruito in acciaio e titanio, è in grado di trattenere e poi rilasciare il materiale, grazie a un meccanismo coassiale interno. Successivamente, il campione prelevato viene passato a un sistema elettromeccanico chiamato volume checker, che ha il compito di misurarne la quantità. Infine il materiale viene messo all’interno dei vari analizzatori, tramite un meccanismo a carosello.
Questi dispositivi, progettati e testati per sopravvivere alle accelerazioni del lancio e per lavorare nel vuoto fino a -160°C, sono stati realizzati in cooperazione con Selex ES S.p.A con finanziamento di ASI (Agenzia Spaziale Italiana).