Greater Green River: ecco lo spazioporto nello stato USA del Wyoming per accogliere i profughi di Giove colpiti dalla collisione con la cometa Shoemaker-Levy 9. Un aereo non basta, così non basta un aeroporto. Nel 1994 la pista di atterraggio abbandonata ha cambiato nome: il Consiglio Comunale ha deciso di adottare il Green River spazioporto nel tentativo di attirare turisti. E sembra ci stia riuscendo, con l’approvazione della Federal Aviation Administration.
Prima del 1994 era nota come Green River 48U ed è tuttora una pista di atterraggio sterrata e in stato di degrado a circa 7 km a sud dal quartiere centrale degli affari di Green River, su una montagna nota sul posto come South Hill. Il cosiddetto spazioporto è dotato di un’unica pista, lunga mille e 700 metri per 40 di larghezza.
La sua superficie è sporca e la ghiaia è coperta da solchi profondi provocati dal traffico veicolare. La pista è incustodita e non ci sono edifici o strutture nelle vicinanze. Una desolazione totale che lo stato del Wyoming voleva riqualificare, ma senza interventi strutturali, solo “pubblicitari”. D’altronde uno spazioporto non ha bisogno di molte piste e può accettare scarsa manutenzione, vista l’eccezionalità degli eventuali arrivi.
Finora nessun extraterrestre, ma molti umani curiosi. Piloti di piccoli velivoli praticano sulla pista la manovra di ‘touch and go’, con la quale le ruote toccano la pista per poi tornare verso il cielo, solo per poter scrivere che il proprio mezzo ha visitato uno spazioporto intergalattico. Greater Green River attira anche gli adolescenti che amano passare il tempo sul luogo con le loro auto.
Insomma obbiettivo raggiunto. Ma ora si dovranno raccogliere i frutti e usare i proventi del turismo per convertire il tutto in un aeroporto “umano”.
Roberta De Carolis
Foto: Green River
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