Mettere in comunicazione il cervello umano con il computer, per consentire alla persona di controllare un apparecchio robotico. Fantascienza? No, una possibilità sempre più concreta. Ci sono molti nomi per l’interfaccia di comunicazione tra il cervello umano e la macchina, come ad esempio BCI (interfaccia cervello-computer), MMI (interfaccia mente-macchina), DNI (interfaccia diretta neutrale), STI (interfaccia telepatica sintetica) e BMI (interfaccia cervello-macchina).
Le prime applicazoni cui tali scoperte si sono indirizzate sono quelle mediche. In molti casi, a seguito di incidenti sul lavoro, vi sono persone che giungono alla perdita di un arto, ed in alcuni casi l’individuo diventa paraplegico. Le ricerche si sono sviluppate fino al punto in cui il cervello può comunicare con un arto protesico per farlo muovere al posto di quello mancante. Il precursore della comunicazione del cervello con un computer è la neuroprotesi, un’area delle neuroscienze che ha a che fare con le protesi neurali.
Ciò significa utilizzare di strumenti artificiali per sostituire la funzione del sistema nervoso danneggiata ed ovviare ai problemi cerebrali che ne conseguono. Due mezzi neuroprotesici sono l’impianto cocleare per risanare l’udito e l’impianto retinale per risanare la vista.
Le protesi neurali vengono utilizzate per connettere il sistema nervoso ad un apparecchio, mentre la BCI generalmente viene utilizzata per connettere il cervello con un computer. Le protesi neurali possono essere collegate a qualsiasi parte del sistema nervoso, mentre l’interfaccia BCI solo con il sistema nervoso centrale.
La BCI elettroencefalografica permette ad una persona di comunicare utilizzando un computer, in quanto il sistema è indipendente dall’attività neuromuscolare. Trasformando i segnali delle onde cerebrali captati dal cuoio capelluto in istruzioni elettriche, la BCI consente alle persone di effettuare una selezione dallo schermo di un computer. Attualmente ci sono due metodi BCI. Il primo consiste nell’utilizzo di un elmetto che si basa su algoritmi per analizzare livelli e picchi dell’attività cerebrale, chiamata attività elettroencefalografica, in risposta a differenti processi mentali.
Il secondo metodo consiste nell’impiantare elettrodi direttamente nel cervello per animare un apparecchio robotico. L’intervento implica l’apertura del cranio per collocare un fascio di elettrodi sulla superficie del cervello. In futuro verrà aggiunto un trasmettitore senza fili che renderà l’impianto invisibile a chiunque fuorchè il paziente.
L’interfaccia BCI funziona proprio per il modo in cui è strutturato il nostro cervello. Esso è, infatti, pieno di neuroni, che sono cellule nervose individuali collegate le une alle altre mediante dendriti e assoni. I nostri neuroni lavorano inviando piccoli segnali elettrici che sfrecciano da un neurone all’altro alla velocità di oltre 402 km/h. I segnali vengono generati da differenze nel potenziale elettrico trasportate dagli ioni sulla membrana di ciascun neurone.
Un gruppo di ricercatori della Brown University sta sviluppando BrainGate, un sistema BCI senza fili, servendosi di un braccio robotico controllato da un’interfaccia BCI ad esso legata, per consentire ai pazienti paralizzati di nutrirsi. Un’interfaccia neurale utilizza un sensore che è impiantato sulla corteccia motrice del cervello ed un apparecchio che analizza i segnali cerebrali, i quali possono essere interpretati e tradotti nei movimenti di un cursore per controllare un computer con il pensiero, proprio come le persone che hanno la capacità di muovere le mani utilizzano un mouse.
Accanto agli impieghi in campo medico, la BCI potrebbe aiutare gli operai delle industrie a svolgere complessi lavori di manifattura. I ricercatori dell’ University at Buffalo puntano su un apparecchio esterno non invasivo e relativamente poco costoso per leggere l’attività del cervello con i sensori e trasmettere il segnale senza fili ad un computer, che dopo invia i segnali al robot per controllare i suoi movimenti. I robot possono essere utilizzati dagli operai delle industrie per provvedere all’assemblaggio dei prodotti senza utilizzare le mani o per svolgere lavori di trapanatura o saldatura, riducendo la noia di compiti ripetitivi e migliorando nello stesso tempo la produttività e la sicurezza dei lavoratori.
Quanto potrà essere eccitante guardare un’azione immaginata da un cervello venire tradotta in azione da un altro cervello? Immagina di essere seduto ad una scrivania e fare una partita al tuo computer, mentre una persona seduta alla sua scrivania in un altro edificio può visualizzare nell’interfaccia del proprio computer lo stesso gioco. Il mecanismo è questo: indossi un cappello dal quale fuoriescono dei fili; senza muovere un muscolo, dici al tuo collega di far sparare una pistola sullo schermo proprio in quel momento. Hai solo il potere della tua mente, così, al momento giusto, immagini di far sparare la pistola. Il tuo pensiero invia un segnale attraverso internet al tuo collega che, muove l’indice della sua mano destra facendo sparare la pistola.
Vari gruppi di ricercatori nel mondo stanno cercando di creare robot controllati dal pensiero per diverse applicazioni. Scienziati dell’Università di Saragozza, in Spagna, stanno lavorando per creare sedie a rotelle robotiche che possano essere manipolate attraverso il pensiero.
Un prototipo di robot, Mitra, è un umanoide alto poco più di mezzo che è in grado di camminare, cercare oggetti familiari, prendere e posare oggetti. È stato sviluppata un’interfaccia BCI che può essere utilizzata per addestrare Mitra a camminare in varie direzioni dentro una stanza. Utilizzndo una cuffia elettroencefalografica, una persona può insegnare al robot un nuovo compito oppure fargli eseguire un comando attraverso il menù.
Vedremo miglioramenti notevoli per i disabili, che avranno la possibilità di muoversi sfruttando il potere della mente per controllare le sedie a rotelle ed altri apparecchi che potranno restituire loro la mobilità perduta. Gli artisti saranno in grado di creare musica direttamente attraverso il pensiero.
In alcuni casi i robot stanno diventando parti del corpo umano. Una nuova protesi offre persino un senso del tatto come quello di un braccio naturale, perché si interfaccia con il sistema neurale di chi lo indossa collegandosi ai nervi presenti nell’arto residuale.
Dove ci condurrà il controllo della mente? Cosa riusciremo a fare? E soprattutto, saremo in grado di non ritorcere contro noi stessi l’immenso potere derivante dal controllo dell’attività cerebrale?
Francesca Di Giorgio
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