Fukushima: il peggio deve ancora venire. La denuncia degli scienziati

Fukushima

Il disastro di Fukushima è ancora in corso. E il prossimo novembre, quando inizierà una pericolosa bonifica della zona, potrebbe tristemente denunciare le vere proporzioni della tragedia. Finora mascherata, e a volte taciuta. Gli esperti nucleari allertano la popolazione mondiale, e i media locali, a proposito della prossima operazione, hanno scritto parole preoccupate.

"Nel mese di novembre, la Tepco (la compagnia dell'energia elettrica giapponese che gestisce l'impianto, Ndr) prevede di iniziare la delicata operazione di rimozione del combustibile esaurito dei reattori numero 4 [con] radiazioni equivalenti a 14 mila volte la quantità rilasciata dalla bomba atomica di Hiroshima […]. Le conseguenze potrebbero essere di gran lunga più gravi di qualsiasi incidente nucleare che il mondo abbia mai vistoallerta il Japan Times – […] Ognuna di queste situazioni potrebbe portare a massicci rilasci di radionuclidi mortali nell'atmosfera, mettendo in grave rischio gran parte del Giappone, compresi Tokyo e Yokohama, e anche i paesi vicini".

Ma perché la situazione è ancora così difficile? E perché la bonifica potrebbe portare ad un disastro del genere? Il cuore del problema, secondo gli esperti, risiede nei bacini di combustibile. Le operazioni di bonifica, infatti, dovrebbero consentire la rimozione di circa 400 tonnellate di combustibile esaurito, altamente radioattivo, ma questo implica dover "toccare" e "spostare" un equilibrio molto precario.

Infatti se, durante i lavori, uno dei bacini crollasse o si incendiasse, potrebbe essere realmente in pericolo gran parte dell'umanità. Le radiazioni si riverserebbero infatti in enormi quantità e molto rapidamente nell'atmosfera, che sarebbe quindi quasi totalmente priva di controllo. Uno scenario apocalittico, che però, a quanto sembra, non è solo una remota ipotesi.

Le operazioni infatti, a causa dei danni provocati dal terremoto e conseguente tsunami dell'11 marzo 2011, costringeranno i tecnici della Tepco ad agire manualmente, senza poter ricorrere alle attrezzature computerizzate, che avrebbero garantito maggiore sicurezza. D'altronde è un'operazione che deve essere compiuta necessariamente: i bacini, così come sono, rilasciano infatti continuamente inquinanti nelle acque del Pacifico.

La Tepco prevede di impiegare circa un anno nella rimozione dei materiali assemblati, come ha riferito il portavoce Yoshikazu Nagai. E questa sarà solo una delle tappe che porteranno al completo smantellamento dell'impianto, che si prevede sarà completato fra circa 40 anni, con un costo di 11 miliardi dollari.

È un rischio necessario. Ma è un rischio che corre tutta l'umanità.

RDC

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