Come fare a prevedere le eruzioni vulcaniche per ridurre i rischi per la popolazione? Un team di vulcanologi dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell'Università di Catania ha elaborato un metodo che potrebbe essere utile per prevedere il comportamento dinamico di un vulcano attivo come l'Etna.
Il lavoro, dal titolo: “Triggering mechanisms of static stress on Mount Etna volcano. An application of the boundary element method” è stato realizzato da Eugenio Privitera, Amalia Bonanno, Stefano Gresta, Giuseppe Nunnari e Giuseppe Puglisi.
Per poter stabilire quando potrebbe verificarsi un'eruzione, i vulcanologi hanno messo in relazione la risalita del magma all'interno dei principali condotti di alimentazione dell'Etna, il conseguente stress che si crea sui sistemi di faglia che coinvolgono l'edificio vulcanico e, in particolare, su quelli che interessano il fianco orientale, che è piuttosto instabile.
Come spiega il Prof. Stefano Gresta, uno degli autori, nonché presidente dell'INGV, il risultato più interessante e promettente della ricerca, che si è avvalsa dell'uso di un modello matematico computerizzato per simulare e analizzare l'interazione fra il magma e le faglie, sta nella scoperta che la risalita di nuovo magma può trasferire stress sul fianco orientale dell'Etna, provocando l'attivazione sismica della faglia Pernicana e possibilmente anche delle altre faglie che interessano i versanti Orientale e Meridionale del vulcano.
Il movimento provocato dalla risalita del magma, secondo gli esperti, può accrescere l'instabilità di questo intero versante e scatenare attività sismica locale. Il campanello d'allarme. Partendo da tali considerazioni, la ricerca sarà utile per ulteriori studi utili a definire in anticipo l'evoluzione temporale di eventuali scosse di terremoto ed eruzioni vulcaniche.
Nel caso dell'Etna, l'utilità dello studio è legata al fatto che alle sue pendici e lungo i versanti ci sono dei paesi e delle città densamente abitate. Descrivere in anticipo l'andamento delle eruzioni più violente permetterebbe alle autorità e alla Protezione Civile di intervenire tempestivamente per ridurre i rischi.
Lo studio è apparso sull'ultimo numero della rivista Journal of Volcanology and Geothermal Research.
Francesca Mancuso